Customer service 2 – La macchina.

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Ed eccomi con il mio secondo post sul customer service dopo quello che i supermercati in America. Su quest’argomento e sulla correlata, sospetta forma di iper-amichevolezza di molti individui, potrei continuare con molti esempi, ma ne scelgo uno solo, quello che forse mi ha stupita di più durante i miei primi giorni floridiani.

Un paio di settimane dopo il nostro arrivo, Rick mi suggerisce che è giunta l’ora di pensare a un’auto. Giustamente. Visto quanto ho detto in precedenza riguardo le distanze, pensare di vivere in Florida anche per un breve periodo senza macchina è assolutamente una follia.

A Roma per gli ultimi due anni non l’ho avuta, la macchina. So che ci sono fra gli italiani decisi oppositori di questa scelta, ed i loro argomenti sono validi: gli scioperi, l’autonomia, le gitarelle fuori porta. Ma vi dico, non avere la macchina a Roma è possibile. E’ una scelta che si puó fare, ancora una volta, tenuto conto delle esigenze individuali. Qui non si puó. Non. Si. Puó.

Andiamo da un concessionario. Io mi figuravo il solito ambiente con alcuni esemplari in esposizione, molti cataloghi e, nel migliore dei casi, tre o quattro visite successive, a seguito delle quali, se si fa l’affare, si ordina un’auto che arriverá in… boh, una mesata. Vi riconoscete in questa descrizione? Perchè io in Italia, da nord a sud, non ho mai visto altro.

Non in Florida. Il nostro Jack (“Jack si prenderá cura di voi”; e di voi soltanto), l’addetto alle vendite, anche lui supersorridente e su di giri (ma non sará che prendono qualche stimolante?), ci offre caffè, coca-cola e pop corn. Rimanda indietro l’acqua che avevo chiesto perchè mi lascio sfuggire un commento su quanto sia fredda. Mi chiedo se abbia capito che non compreremo una dozzina di auto, ma solo una.

Siamo in un concessionario Nissan. Chiedo quale sia il prezzo corrente della Micra. Lui mi guarda confuso. Poi si riprende.

– Where are you from?

– Italy.

– Ah! I should have known. We don’t sell Micras here. Nobody’d buy them.

Tutto è più grande in America, amici. Il loro concetto di city car equivale al nostro di una comoda berlina. Non ci sono auto piccole. Niente Micra, niente Ka. Al massimo alcune 500, perchè costituiscono uno status symbol, un giocattolo per benestanti.

Jack ci mostra il modello più piccolo a sua disposizione. La Versa. Quindi l’esperto venditore ci fa subito notare che se compriamo il modello immediatamente più grande, con una differenza veramente minima, avremo una serie infinita di vantaggi e accessori. So che questo puó suonare familiare. La strategia di maketing è simile anche da noi. Ma vi giuro, qui la manovra è stata elaborata talmente bene, quel margine di differenza fra categorie messo a punto in modo cosí sottile, che veramente ci si sente idioti a non acchiappare l’offerta.

Andiamo a vedere la Sentra. Jack ne ha a dozzine. Non una. Dozzine. Ci fa guidare, ci intrattiene con battute spiritose. Ci riporta indietro, ci porge una scodella di M&M’s e chiede a Rick se ha deciso. Dopo uno scambio di informazioni tecniche che non includono i consumi (la benzina é a poco meno di un dollaro al litro…) Rick ha deciso, la vuole. Bene. Io mi aspetto che a questo punto ce ne andiamo e “ci risentiamo” quando l’auto sará pronta. Niente affatto. Nelle due ore che seguono, addetti dell’ufficio acquisti, dell’ufficio targhe e dell’ufficio assicurazione si affaccendano intorno a noi, et voilá, la pratica è completa. Nel frattempo qualcuno ha continuato a sostituire la mia bottiglia d’acqua con una nuova, a offrire caffè e cibo spazzatura, a ricordarci che possiamo utilizzare la saletta internet o quella tv. E noi ce ne torniamo a casa con l’auto nuova.

Auto in America

Qual è la morale di questi aneddoti? La morale, secondo la mia modesta interpretazione, è che si, è “meglio” avere dei servizi efficienti. Degli impiegati che ti chiedono come sia la tua giornata anche se in fondo non gli importa della risposta. E’ piacevole avere il surplus di attenzioni in forma di bevande e snack. Le superofferte speciali. Ma poi mi dico: il disegno è quello di avvilupparti in una spirale di consumismo oltre l’immaginabile. L’America è maestra nel creare bisogni. Non credo che in Italia la mentalitá del consumismo sia assente, ma credo sia più trasparente. Credo che noi sappiamo ancora distinguere il superfluo dalla necessitá; che poi piaccia il superfluo, è cosa lasciata all’individuo. Ma non qui. Qui il cittadino medio è vittima di un vero e proprio lavaggio del cervello. Il sistema disegna offerte che sono davvero convenienti, ma solo dal punto di vista del valore intrinseco. Esempio: mezzo pound (250gr) di provolone 4 dollari. Un pound, 4,5 dollari. Saró mica scema? Ne prendo un pound. Ma chi se lo mangia un pound? Metá va comunque puntualmente al pattume, e quindi i 0,50 centesimi; che affare ho fatto? Se poi moltiplichiamo per l’infinita serie di offerte, abbiamo la nostra ovvia risposta. Inoltre, é chiaro che alla fine qualcuno stia pagando per le bibite e la sala tv. E indovinate chi?

La Sentra è davvero un affare rispetto alla Versa. E poi la benzina costa ridicolmente poco, come dicevo. E poi le strade sono larghe e non esiste il problema del parcheggio. E poi, e poi, e poi… Si, ma io, che ci faccio con la sedan?

Ancora non lo so. Ma il mese scorso ne ho comprata una uguale anche per me. Modello nuovo.

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