Cose che capirai fino in fondo solo da immigrato

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Vivere in un altro paese: il sogno di molti. Si immaginano la loro vita ad un’altra latitudine, ed in genere romanzano la fantasia in positivo. Le email che ricevo sono piene di speranze e aspettative. Gli italiani, in questi tempi grami, vorrebbero comprensibilmente ritrovarsi in un posto dove almeno un diritto, quello al lavoro – ironicamente il fondamento della nostra Costituzione – sia davvero riconosciuto. photo 1Ma nella lista dei desideri c’è molto di piú, c’è la ricerca del luogo ideale dove essere per sempre felici e contenti. Su questo mi sento di disilludere invariabilmente tutti, come ho scritto nel mio primo post qui che tutto è piú grande in America.

Per il resto, la mia corrispondenza è piena di domande un po’ piú pratiche, che spesso iniziano con “E’ vero che…?”. A volte mi sono trovata in difficoltá a rispondere, soprattutto a rispondere in versione breve, perchè credo ci siano alcune cose che solo da immigrati si possano capire pienamente.

Non stupitevi se, nel leggere il mio umile elenco a seguire, vi ritroverete a pensare “Ma questo è ovvio”. Vivere queste cose quotidianamente, da all’ovvietá tutto un altro valore.

Oh, devo fare il disclaimer? OK, lo faccio: quello che scrivo rappresenta la mia opinione personale bla, bla…; non prendetemi troppo sul serio!

Una lista dei desideri del immigrato in America

1) Sentirai la mancanza del tuo paese. Uh, prima ovvietá. No, non parlo solo dell’aroma dell’arabica e cornetto al mattino, nè della prima passeggiata primaverile in Via del Corso. Dico questo soprattutto in risposta a quanti sostengono di “non poterne piú” dell’Italia, che una volta partiti non guarderanno mai indietro, che addirittura odiano la terra in cui sono nati. Vi prego di non cadere in questo tranello. Credo che sia comprensibile vergognarsi di certi individui che saccheggiano e degradano il nostro paese, non solo i politici, ma anche i cittadini dalla mentalitá insalubre. Capisco che ci si possa sentire arrabbiati, tanto piú se praticamente costretti a partire in cerca di una vita migliore. Ma non odiate casa vostra. E se proprio la odiate, beh, allora si, dovete andarvene. Andatavene. Al piú presto possibile.

2) Apprezzerai il tuo paese un po’ di piú. Sono passati molti anni da quando ho iniziato a viaggiare (ed abitare) in posti diversi, e non ho ancora incontrato un popolo così poco orgoglioso di se’ quanto quello italiano. Io devo mettermi nella lista dei colpevoli. In un tempo lontano sono stata un’inerme giovincella che ascoltava amici, familiari, ma anche insegnanti, preti, negozianti e vicini di casa, tutti abituati a biasimare sempre il governo, il sistema, “gli altri”, quelli che si comportavano da furbi. Sfuggiva ai piú che “furbi” e “fessi”, in turno, lo eravamo tutti. Il primo grande regalo che ho ricevuto lasciando l’Italia è stato capire quanto grande sia il mio paese e quante cose il resto del mondo ci invidi. E ancora una volta non si tratta solo dei nostri bei monumenti, ma anche di cose che passano inosservate nel quotidiano, addirittura di cose che in genere critichiamo. Un esempio? La sanitá… E se ti interessa la mia opione approfondita sull’argomento, clicca qui.

3) Imparerai che è meglio tacere quando avrai voglia di criticare il paese ospitante (e prima o poi ne avrai voglia). A meno che tu non sia Jessica Burgio. Nel qual caso farai sempre appello al primo emendamento, cadrai in incidenti diplomatici di varia natura e starai sulle palle a un sacco di gente. E non dico che sia una bella cosa.

Sappiate che negli Stati Uniti si assiste ad un fenomeno praticamente opposto al nostro: le persone amano il proprio paese, che è cosa buona e giusta, e i piú ne hanno pure cieca fiducia e non apprezzano lo spirito critico di chicchessia. Di fronte all’evidenza, alcuni manifestano sintomi di dissonanza congitiva.

Photo 3Recentemente una persona della mia famiglia si è offesa in reazione a delle battute che a volte scrivo riguardo l’America sui social media. Questo evento, pur trascurabile, mi ha portata a riflettere su alcune cose. Innanzitutto quello che chiamerei il punto numero 4) Scoprirai che il tuo senso dell’umorismo è imprescindibilmente legato alla tua cultura e spesso non sará capito e/o apprezzato. Secondariamente il fatto che la critica di un “ospite”, anche se garbata, anche se spiritosa, assume sempre dei toni un po’ piú gravi di quelli in cui è stata concepita. Immaginate l’immigrato in Italia che si lamenta dei trasporti. Si, avrá anche ragione, peró…

5) Inventerai parole nuove, parlerai con te stesso in lingua straniera e soffrirai di brevi amnesie relative al tuo proprio idioma. Io ho studiato italiano. Io insegno italiano. La mia bimba ha detto la sua prima parola e per fortuna ha detto “mamma” e non “mommy”. Peró occasionalmente mi sono ritrovata a coniare dei neologismi raccapriccianti. Photo 4Alcuni dei miei preferiti: “affordabile” (maccheronico dell’inglese “affordable”, cioè dal prezzo ragionavole); “coldo” (italianizzazione di “cold”, freddo); “fittare” (“to fit”, stare bene, detto di capo d’abbigliamento); “I’m dorming” (sto dormendo). E si, le ho dette veramente tutte, e no, non stavo sempre dormendo. – Apprezzeró i vostri neologismi nei commenti.

6) Scoprirai che ci sono cose che hai sempre considerato ovvie, note a tutti ed assolute, e invece… Negli Stati Uniti Cristoforo Colombo (quando non lo spagnolo Christopher Columbus) è un personaggio impopolare. Uno sterminatore di poveri indios. Non c’è dibattito. E il vecchio Columbus’ day è stato eliminato molto tempo fa. Ernesto Che Guevara è un criminale, nessun dibattito nemmeno qui. Un’idea vagamente socialista è parente dell’idea vagamente comunista, e se hai ideee simili tanto vale che tu sia un rapinatore di banche.

Ma lasciamo la politica, pensiamo a cose piú gaie. Photo 5Una volta sono stata invitata a guardare la gran paritita del Super Bowl, un evento sportivo paragonabile agli europei di calcio. Ora, io di football non ci capisco molto, ma pensavo che sarebbe stato facile intuire le fasi del gioco, poiché queste si sarebbero snodate in maniera direttamente proporzionale alle urla, sudorazioni, imprecazioni ed altre espressioni cameratesche dei miei ospiti. Da noi si fa così, ovvio, no? Immaginate il mio stupore quando mi sono ritrovata in un gruppo di tranquillissimi spettatori, uno dei quali sgranocchiando noccioline disse a un altro in tono piatto: “Bel gioco”. E io: “Chi? Cosa? Che é successo?” “La sua squdra ha segnato” mi hanno risposto. Aspetta. Stai dicendo che hanno segnato? E nessuno fa la ola? E stai dicendo che in questa stessa stanza ci sono tifosi di squadre diverse che si fanno i complimenti?! Beh, tutte queste chiacchiere per dire che… Non esistono assoluti. E spesso sarete vittime di quello che il nuovo paese si aspetta da voi. Perchè anche loro credono che tutti, dovrebbero sapere che ____ (inserire “assoluto” a scelta).

7) Ti ritroverai in compagnia di molti altri immigrati. Certo, tutti vogliamo integrarci e fare amicizia con la gente del posto, e questo avverrà in proporzione all’individuale capacitá di adattamento e generiche doti di socievolezza. Ma gli altri immigrati – non solo i tuoi connazionali – condividono con te the secret, quello che gli expats sanno e gli altri no. Con loro potrai sfogarti di tutte le cose di cui ti ho suggerito di non parlare al punto 3; comprenderanno tutti i tuoi disagi; loro ti daranno le dritte su pratiche burocratiche, uffici pubblici, varie ed eventuali. E scoprirai finalmente che, a questa distanza, tante sono le cose che ti accomunano con persone di paesi che prima consideravi “stranieri”. Al momento le mie amiche piú care sono un’italiana, una polacca e una norvegese. Loro non trovano eccentriche le mie scuse per “la cucina in disordine”, fanno pasti ai miei stessi orari ed esattamente come me a questo punto capiscono perfettamente che…

8) Dopo un po’ non ti sentirai perfettamente parte del tuo paese di origine, ma nemmeno del tuo paese ospitante. Mettendo due (o piú) culture costantemente a confronto, avrai la possibilità di rivedere le idee tradizionali con cui sei cresciuto nel tuo paese (a meno che anche tu non soffra di dissonanza cognitiva). Ne abbandonerai alcune e te ne terrai altre. Alla fine troverai in te alcuni nuovi modi di pensare che ti faranno sentire distante dall’italiano tipico – qualunque cosa ció voglia dire – mentre altri ti faranno sentire distanti dall’americano medio. Complimenti, ora sei cittadino del mondo.

E voi, quali cose avete scoperto nel corso del vostro peregrinare, che presumibilmente i sedentari non possono comprendere fino in fondo?

  • Carissima Jessica…eh si’! Pensando che io ero invece una di quelle che dicevo sempre che non me ne sarei mai andata, e criticavo chi parlava male di Palermo e della Sicilia e che se davvero si trovavano male, che se ne andassero pure. Ho amato fortemente e passionatamente la mia terra, ed ancora oggi provo gli stessi sentimenti e mi ritrovo ormai da oltre 14 anni negli USa come te, ma con l’approccio culturale meta’ italiano e meta’ Americano: che cosa sono, a chi appartengo? Le stesse domande che ti poni tu. Mi hai fatto morire con il tuo “The Secret” cosi’ vero…..ma soprattutto gli incidenti diplomatici, all’ordine del giorno, e’ cosi’ difficile stare zitte e “chiantarsela” come diciamo noi Siciliani!!!

    • Ah, ah! E tu mi hai fatta ridere con “chiantarsela”! Non lo sentivo da un po’. Nel complesso sono contenta i avere la possibilità di scegliere fra varie idee e modi di pensare che probabilmente non avrei mai abbracciato se fossi rimasta attaccata come una cozza al mio scoglietto. Il prezzo di questo arricchimento è quello di passare da eccentrici, di non essere capiti da persone care che non hanno mai visto tutto quello che hai visto tu, e anche di ritrovarsi spesso a fare da mesi tre culturale. Forse “farai il mediatore culturale” poteva essere il punto 9)! Ti sei mai ritrovata a tavola con amici dei due mondi?! Mal di testa garantito!!
      Bacione

      • Si’ eccome se mi ci sono ritrovata….toni di voce alti, comprensione tra I due mondi: ZERO!!!!

  • Al punto 8 io dico sempre che mi sento come se “I don’t belong” e capisco perfettamente cosa vuoi dire…siamo in un mondo di mezzo!!!
    MIa figlia e’ campione dei neologismi….I am aspetting, quando le dico di aspettare….e un giorno si e’ arrabbiata per che’ la o chiamata “my bundle of joy” dicendomi che lei non era un bum….of joy!!!
    Capisco perfettamente anche “the secret”….
    Post molto chiaro e adeguato a noi expat!!!

    • Bum of joy mi ha fatta ridere tanto che mi è andato il caffè di traverso! Ah, ah! Per quanto riguarda “to fit in” una cultura o un’altra, ti rimando alla risposta che ho dato a Barbara qui sotto. Secondo me è esattamente così. E si che tu capisci 😉

  • This is all so true, even in reverse! As an expat here I feel the very same feelings you do as an expat in my country. Well written and on point.

  • Non posso che darti ragione su tutti i punti!! soprattutto per quanto riguarda il punto 5 circa i momenti di amnesia. Mai avrei pensato qualche mese fa che mi sovvenissero alla mente prima i vocaboli in inglese e poi dopo qualche secondo pensare alla traduzione italiana. Lo noto soprattutto quando parlo con la mia famiglia!
    Permettimi di aggiungere un altro punto!
    L’america (stati uniti) e’ un paese estremamente consumista ( forse e’ il motivo per il quale la crisi non si percepisce tanto quanto in italia): non si ha paura di spendere i propri soldi. Devo ammettere che anch’io sono stata attirata in questo vortice di consumismo quasi estremo, infatti qualche mese fa se avessi avuto 10 euro nel mio portafogli sarei tornata a casa con quei preziosi 10 euro, al contrario qua vieni quasi ipnotizzato a spendere quei 10 dollari!

    • Ciao Ilaria. Hai proprio ragione! Anche io sono sempre stata attenta alle spese, ma qui è difficile non farsi coinvolgere dagli acquisti compulsivi. Spendo di sicuro molto meno dell’americano medio, ma più di quando abitavo in Italia. Credo ci sia una certa pressione sociale. Tutti spendono e tu non vuoi passare da spilorcio. Esempio banale: se ricevi un regalo corredato da bigliettino di Hallmark (extra $5), e busta decorata e velina (extra $5) oppure si deve mandare il biglietto di ringraziamento… Insomma la spesa varia dal “pensierino” di €20 a budget imprecisato.

  • Sulla politica credo le cose siano un pochino piu complicate, dipende da dove vivi e chi frequenti.
    E’ vero che “in generale”, qualunque siano le tue opinioni sulla politica “Europea”, saranno, almeno per quanto riguarda l’economia, molto piu “di sinistra” della stragrande maggioranza della politica Americana (d’altra parte su cose tipo il multiculturalismo, direi che semmai e’ vero l’opposto).

    Ma ci sono anche differenze locali. Cristoforo Colombo e’ molto popolare fra gli Immigrati Italiani di una certa eta’. In posti dove vivono, il Columbus day e una grande festa, con parate etc (in posti dove vivono sia Italiani che nativi-Americani, a volte su questo ci sono scontri:
    http://news.google.com/newspapers?nid=1454&dat=20001006&id=BrtOAAAAIBAJ&sjid=bx8EAAAAIBAJ&pg=5175,1434155

    Su Che Guevara, credo che conti il fatto che vivi in Florida, la terra degli Esuli Cubani. A New York, non e’ difficile trovare magliette di Che Guevara et similia.

    Sul resto, hai del tutto ragione.

  • T’hai proprio ragione! Bellissimo post.
    Questo vivere in un mondo in cui sei troppo americana per essere italiana e troppo italiana nel tuo essere americana e’ verissimo.
    Per i neologismi, non so bene in che parte della Florida vivi, ma nella Southern Riviera = Miami Beach e dintorni l’ibrido include anche lo spagnolo. Il famoso “arroz con mango”.
    Un vantaggio che abbiamo e’ che non abbiamo imparato l’italiano andando alle gare to “spelling bee”, ma conosciamo le etimologie delle parole. Quella e’ una storia tutta sua comunque.
    Grazie per avermi fatto sentire una expat laureata!

    • Ciao Francesca,
      Lieta di averti intrattenuta! Expats “laureata” mi ha fatta sorridere. Tra un po’ di tempo scriverò il master… Eh, eh.
      Un abbraccio.

  • Ciao Jessica,

    ho letto tutti i post nel tuo blog e mi sono proprio ritrovata al 100% in alcune situazioni da te descritte, come il supermercato, visto che sono appena tornata da una vacanzona di tre mesi negli USA.
    Avrei però bisogno di alcuni chiarimenti(…o forse solo di un po’ di incoraggiamento per la situazione in cui mi trovo???).

    Spero di sentirti presto in privato,
    Veronica

  • Ciao, capisco perfettamente quello che scrivi e condivido pienamente. Io vivo in Messico da 11 anni e quando leggo l’ ultima parte dove in poche parole ci rendiamo conto che non siamo ne carne ne pesce e dove cominci a “perdere” la tua identità e per qualche verso non è un male che passi. Ho letto praticamente tutti i post del tuo blog e lo trovo davvero interessante.

    • Grazie per i complimenti.
      Credo che alla fine da immigrati si diventi il prodotto del proprio paese di origine e di quello che ci accoglie.
      Il che spiega anche il fenomeno della cultura italo-americana: un mondo a se’.
      Ci sono dei vantaggi, a livello di crescita individuale, ma anche degli svantaggi, cioe’ un lavoro di costante adattamento che e’ sempre troppo per i tuoi connazionali e troppo poco per i tuoi ospiti. Ma pazienza. 🙂

  • Vivo a Miami da 6 anni e sottoscrivo tutti i punti che hai elaborato. Tranne forse “affordabile”… Quello no, non l’ho mai detto (per ora) 😀

  • Ciao Jessica, mi ritrovo pienamente in quanto hai scritto, esperienza analoga alla tua. Sono umbro, nonni di Messina, sposato con una cittadina americana. Purtroppo mi trovo ancora nella “terra di mezzo”, sono in attesa che mi arrivino i documenti per poter incominciare al 100% la mia nuova vita in Florida, a giorni mi deve arrivare la convocazione per le impronte digitali. Capisci che in questo stato i giorni non passano mai. Sarebbe bello poter trovare nuove persone con cui condividere emozioni, sensazioni e aspettative per il futuro; chissà, forse un giorno mi deciderò a scrivere qualcosa anche io,
    Tanti cari auguri di Buon Natale a te e tuo marito dai dintorni di Tampa.

    • Ciao Chicco, ti mando una mail in provato così ci mettiamo in contatto. Vengo spesso dalle “tue” parti.

  • Ciao Jessica, adoro i tuoi post ma è da tanto che non scrivi sul Blog, quando ne pubbicherai altri? Saluti dalla Sicilia

    • Ciao Giuseppe.
      Grazie. Il 2017 mi vedra’ di nuovo molto attiva sul blog!
      Saluta l’isola!

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